No TAV: Il ricatto della guerriglia

Si sa che si stanno programmando per i prossimi tempi, nuove e più “intelligenti” ed efficaci manifestazioni dei No Tav, in varie parti d’Italia, per nazionalizzare il problema. La cosa ha una sua logica. Infatti, i rivoltosi di Val Susa, già da tempo, non sono solo in una piccola parte di Piemonte ma in varie città d’Italia, nel tentativo di far diventare la rivolta non un problema ma un movimento nazionale. Da tale va peraltro trattato, prima che diventi ingovernabile e con finalità ben diverse da quelle originarie come già appare chiaramente.
 Quando cominciò la drammatica vicenda delle brigate rosse, nella sinistra italiana, invero assai diversa da quella attuale, si parlava con molta comprensione di “compagni che sbagliano”, di esagerazione nel valutare le B.R. e la loro pericolosità. Fino a quando a Torino uccisero il sindacalista comunista Rossa che dentro le fabbriche ci stava davvero e aveva capito tutto, pagando con la sua stessa vita. Solo allora, il Partito Comunista comprese e si comportò di conseguenza. Ma quanto costarono al Paese questi ritardi di comprensione, questi tentativi di tenere vicini, per interesse elettorale, queste frange violente che si sperava forse di recuperare.
I rivoluzionari della Val Susa sono minoranze nella stessa valle, ma sanno fare molto chiasso ed hanno capito, i capi soprattutto, che tutto ciò può rendere politicamente assai bene. Lo hanno capito molto chiaramente gli estremisti di mezza Europa, i black block, i centri sociali e altri, che, infatti, sono in mezzo ai No Tav, alla popolazione che sfila “pacifica” ben sapendo che ci si attende lo scontro duro con le forze dello Stato. In questa vicenda la demagogia è la vera padrona, lo strumento è la violenza dissimulata con la provocazione e l’obiettivo è una diffusione, nel contesto di una crisi economica e occupazionale, di una sorta di guerriglia permanente, dove gli scopi sono anarcoidi e generalmente insurrezionali. Sanno contro cosa e contro chi, ma non per cosa e per chi. Guarda caso il principale nemico è il procuratore della Repubblica Caselli che certo non rappresenta né la bieca destra, né il conservatorismo, né il capitalismo speculatore.
L’unico modo per disarmare gli argomenti dei No Tav è quello di abbandonare il progetto, affermando la prevalenza delle opposizioni minoritarie violente e la debolezza totale dello Stato: la sconfitta della già debole democrazia di questo Paese, del confronto politico ed istituzionale, del dialogo e non dei veti, del diritto esercitato pacificamente e non della violenza delle piazze.
Il governo Monti ha affermato una linea dialogante, finché si può, ma ferma, che rifiuta il ricorso e il ricatto della violenza e della demagogia. Ma non pare si stia facendo granché su questa linea. Ci pare anzi che la distinzione fra i no Tav buoni e pacifici e quelli cattivi, come i Black block e i centri sociali, sia un equivoco da superare. In queste vicende anche le parole sono pietre e queste diventano proiettili e distruggono la convivenza civile nel Paese.
Le esternazioni minacciose del capo “storico” dei No Tav non devono essere sottovalutate. Le lamentele di una maggioranza di cittadini per una crisi del turismo su questo territorio devono esprimersi in modo deciso e dire chi effettivamente danneggia la valle, con l’alibi, ben confezionato, della tutela dell’ambiente. Il presidente della Regione, il leghista Cota, non deve speculare per chiedere compensazioni e denari dalla collettività nazionale che non siano ragionevoli rispetto ai danni reali ed accertabili.
 Bisogna riaffermare il senso vero delle autonomie, i loro reali diritti, le aree di competenza, la qualità della dirigenza locale che deve essere capace di fare di più e non solo protestare lamentele e accettare rivolte. La forza dello Stato deve esprimersi non solo, anzi sempre meno, con la forza della polizia ma con la certezza del diritto, la realtà della pena, la tempestività dei processi. È la mancanza di queste certezze che dà la forza non alla legittima protesta ma alla violenza come strumento di conflitto politico e di tentazione rivoluzionaria.

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8 Responses to "No TAV: Il ricatto della guerriglia"

  • Claudio Maffei says:
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  • paolo zattoni says:
  • Claudio Maffei says:
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