Dopo il congresso di F.e L.

Ci siamo disabituati all’esercizio democratico, al confronto di idee e progetti, di persone, di ruoli. Dopo i “congressi spettacolo” di Forza Italia e del PDL, quelli, “carismatici” di altri partiti, dopo le primarie del Partito Democratico poco caratterizzate da un dibattito politico reale, il congresso di un partito sembra essere divenuto solo uno show, con tanti applausi e pochi nessun fischio.  Per questo il giudizio sul recente congresso fondativo di Futuro e Libertà ha suscitato delusioni e critiche, è sembrato l’espressione di incertezze e rivalità interne, quasi (ma solo quasi) rimpiangendo il musicale, totalitario applauso dei convegni berlusconiani. Del resto se proviamo ad immaginare un congresso del Popolo delle libertà senza Berlusconi e magari – incredibile – con una votazione interna, sappiamo che se ne vedrebbero di belle.
Perdonando dunque a Futuro e Libertà questo difetto di unanimismo ed anche questo eccesso di rivalità interne, dobbiamo dire che questo congresso costitutivo non ci ha – si fa per dire- soddisfatto, per alcune valide motivazioni. Un partito nuovo, almeno quanto a linea politica ed obiettivi, ha bisogno di chiarezza, di unicità, di tutte le energie interne, soprattutto di una leadership chiaramente visibile ed impegnata. L’autosospensione di Fini sa troppo di escamotage formale, di mantenimento di un ruolo “comodo”, di equivocità dei ruoli e quindi dell’immagine. Forse anche di scarso coraggio, anche se certo vi è il desiderio di non regalare ad una “maggioranza posticcia” una alta carica dello Stato in momenti così delicati. Questa posizione di Fini ha naturalmente aperto spazi alle ambizioni, legittime anche se più o meno valide, dei suoi colonnelli che, nella differenziazione delle motivazioni, hanno dato la sensazione di una frattura tra falchi e colombe, responsabili e irresponsabili, più antiberlusconiani o meno, che certo non verrà ignorata né poco strumentalizzata .
La valutazione, in termini politici, della costituzione formale reale di un nuovo soggetto politico deve però essere più serenamente approfondita. Vi è nel centrodestra una nuova realtà, differente da quella che si riferisce esclusivamente a Berlusconi, che punta ad essere simile a una destra europea, che si richiama a ragioni liberaldemocratiche di cui denuncia il fallimento nell’epoca berlusconiana peraltro troppo lungamente condivisa.
Saprà la classe dirigente di Futuro e Libertà essere all’altezza di questi propositi? Saprà innovare, rinnovando se stessa, rispetto alla logica da tutti ritenuta superata del Movimento Sociale della prima repubblica, di Alleanza Nazionale nella seconda, per aprirsi alla novità di un futuro che sta predicando e, sembra, effettivamente volendo? Gran parte dei volti di quella esperienza sono ora passati con Berlusconi: uno per tutti, lombrosianamente emblematico, quello del Ministro La Russa, per non ricordare il mitico Storace. Con Fini, accusato ora addirittura di sinistrismo, vi è una dirigenza che sembra più moderna ed orientata verso una politica aperta, ad un avvenire dialogante ed europeo. Di dialogo interno ai partiti e tra di loro vi è oggi grande bisogno.
Non ignoriamo l’esistenza di strategie particolari, del soddisfacimento di ambizioni personali e di gruppo, di tattiche capaci anche di alterare le strategie di più ampio respiro. Ma il paese ha bisogno di livelli più alti, non può fermarsi né alle lotte dei colonnelli né a quelle dei generali, se dispongono solo di minimi eserciti. Ci vorrà, per tutti, una capacità di tregua, di trattativa, di moderazione.
Se Futuro e Libertà saprà essere qualcosa di diverso, di più ampio che una riedizione di Alleanza Nazionale, se saprà convincere elettori, futuri quadri, personalità anche di diversa estrazione, del valore intrinseco reale di questo partito, nella sua odierna, dichiarata volontà, allora potrà dialogare e confrontarsi, anche nei suoi vertici, con le dirigenze espresse da Casini, da Rutelli, da Montezemolo, da altre aree del mondo politico di estrazione cattolica. Se anche il cosiddetto terzo polo dovesse vivere per un periodo di tempo relativo, da esso potrà esprimersi qualche idea e qualche persona per un progetto praticabile di democrazia e di azione politica degne del rispetto del Paese.

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