Napolitano: attenti che vi fregano ancora

Il presidente Napolitano ha scritto una lettera ai presidenti di Senato e Camera per ricordare loro, anche in vista delle prossime elezioni e nell’interesse generale di un Paese lontano e scandalizzato dalla politica e dalle sue istituzioni, l’urgenza di legiferare in materia di legge elettorale, di riforma del Parlamento, di finanziamento o meno dei partiti. Apriti o cielo di commenti e critiche: Napolitano abusa dei suoi poteri, non è materia di sua competenza, tocca alla politica fare queste scelte, al nostro autorevole Parlamento. Infatti Napolitano si è proprio rivolto ad esso, responsabilmente e correttamente, anche se qualche raffinato costituzionalista, in fil di diritto, potrebbe obiettare qualcosa.
Ma la costituzione formale, che è fondamentale, può e deve avere una gestione materiale capace di interpretare, senza modificarla, lo stato e le esigenze del Paese. È quello che avvenne con il defunto presidente Cossiga, che ben aveva capito lo stato della Nazione e, con interventi sulla classe politica che venivano definiti picconate, cercava di richiamare al dovere la politica stessa. Ciò prima di tangentopoli e della grande crisi, anche istituzionale, che ne derivò con il totale crollo di credibilità della politica e delle sue regole. Le conseguenze le paghiamo ancora oggi, dopo averle dimenticate per quasi vent’anni.
Cossiga fu accusato e fu promosso l’impeachment da parte del Partito comunista di Occhetto (e tutti gli altri D’Alema e Veltroni compresi) con la motivazione che “il presidente della Repubblica ha violato il dovere costituzionale della imparzialità ed ha teso ad estendere le proprie prerogative a danno di quelle di altri poteri costituzionali”. Erano i comunisti del dicembre 1991. Nel ‘92 il Paese era nei gorghi di tangentopoli ed era giunta la fine di quella classe politica stimolata e picconata da Cossiga che aveva in qualche modo previsto la situazione. Ora Napolitano, che da parlamentare comunista aveva votato la mozione di impeachment di Cossiga, è accusato di comportamenti analoghi.
Allora avrei votato a favore di Cossiga e così farei ora per Napolitano, che stimola il Parlamento, come quello di allora, ormai zoppo, e questo dotato pure di gente “non eletta” (grazie al porcellum) e altrettanto dotata di non pochi procedimenti giudiziari. Chiede loro di riformare una legge elettorale non amata certamente dal popolo ma solo dai capi dei partiti che fanno tutto il necessario per mantenerla in vigore e nominarsi il nuovo Parlamento. Magari con la reintroduzione delle preferenze, che privilegiano chi ha soldi e potere e sono state una delle componenti più forti della corruzione della prima Repubblica, soprattutto nella sua seconda fase, e del predominio dei partiti organizzati e finanziati da privati a tutela dei propri rilevanti interessi, da aziende pubbliche e direttamente dallo Stato. Allora come oggi, anche senza le appropriazioni del tesoriere sui soldi della defunta margherita e quelle familiari ed amicali di oro e diamanti di quella dirigenza leghista che ci doveva moralizzare.
I capi partito sono insensibili al quasi 40% di cittadini che vogliono disertare le urne perché ritengono inutile votare. Tanto, col 40% in meno, mandano ugualmente in Parlamento chi vogliono loro, in nome di una falsa quanto proclamata democrazia.
Napolitano scrive a nuora ( i Presidenti delle Camere) soprattutto perché suocera intenda (i cittadini elettori). È come se, fuori dalle regole del cerimoniale e degli obblighi istituzionali, il Presidente dicesse agli italiani di stare attenti, che li stanno turlupinando un’altra volta, che i padroni (anche economici) dei partiti puntano sulla scarsa memoria della gente, sul tempo che passa, sui terremoti che fanno pensare ad altro. Ma intanto il Paese affonda: nel territorio senza difese dalle distruzioni, negli immensi debiti fatti per demagogia e scambio elettorale, nella drammatica macchina succhia risorse dello Stato ed ancor più di regioni, province, comuni, enti vari; nella melma della burocrazia che tutto rallenta e proibisce.
Il presidente sembra dirci: attenti che arriveremo alle elezioni con il porcellum (con qualche modifica – trucco) che ci consentirà di rivedere al potere le verginelle più fedeli alle varie potenze dei capi, agli yes men, i Cicchitto, i Bondi, i Frattini oltre che i Verdini, i Brancher,i Penati e tanti altri conosciuti più dai magistrati che dagli elettori. I partiti avranno ancora i nostri soldi, forse un po’ di meno, ma sempre troppi e sprecati, i corrotti continueranno nel loro lucroso lavoro, giustificandolo con il meno ignobile nome di lobbisti. Attenti che vi imbrogliano ancora! Così sembra dire.
Ci viene però naturale obiettare al Presidente preoccupato: ma siamo sicuri che gli italiani, o gran parte di loro, non vogliano proprio questo?: che i più furbi prevalgano sugli ingenui, i forti sui deboli, i ricchi sui poveri e inevitabilmente anche i meno poveri sui più poveri. Come vediamo succedere anche nei piccoli paesi, nelle aziende, nella burocrazia, nella esperienza politica, economica, sociale, nella vita di tutti i giorni e a tutti i livelli, anche quelli che ci sembrano assai modesti. Il timore c’è anche se pensiamo, con dolore, che la voce di Napolitano, come a suo tempo quella di Cossiga e di altri, magari meno autorevoli, rimanga una “vox clamans in deserto”.

1 Response to "Napolitano: attenti che vi fregano ancora"

  • Gianni Porzi says:
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