Verona non fa testo

Il risultato di Verona è chiaro fino all’ovvietà. Come facilmente prevedibile Tosi ha stravinto, il Popolo delle libertà ha straperso e la Lega pure, come si vede dai voti di lista. A parte la vasta area delle astensioni dal voto, i grillini sono esplosi al 10%, dando voce, ma non progetto, alla giusta protesta dei cittadini. Il parlamentare leghista Salvini ha inteso il successo di Tosi come esito leghista, punto da cui ripartire, o ha finto di intenderlo così. Ma la realtà è un’altra: Verona, come del resto Palermo, sono improponibili come soggetti di analisi nazionale, sono fenomeni diversi e strettamente legati alla realtà locale e cittadina. Entrambi certo legati allo sfacelo del Pdl e della sua classe dirigente, alle sue lotte interne a caccia di un potere che non c’è più e che comunque non merita più di avere.
Si parla della necessità di rinnovamento, di classe dirigente giovane, di esigenza popolare di novità politica. Mentre in Francia si elegge il presidente Hollande (primo socialista eletto dopo quasi vent’anni, dopo Mitterrand) a Palermo si elegge Leoluca Orlando che, alla faccia del nuovo, era sindaco proprio ai tempi di Mitterrand.
A Verona l’elezione di Tosi era prevista: per la situazione politica veronese, l’assenza di vere alternative (nel Partito democratico e nel Popolo delle libertà), la sua popolarità incrementata da un poderoso ufficio stampa e la sua indubbia intelligenza politica unita a un forte senso tattico. Ma la lega non c’entra che pochissimo: di fronte al 57,3 % di voti ha inciso, come partito della Lega, solo per il 10%, in pieno Veneto, dove era abituata a prendere non meno del 30.
Ecco perché l’esito di Verona non fa testo: i voti di Tosi sono di Tosi, personalmente ottenuti, anche ad onta di oggettivi limiti della sua gestione amministrativa scarsamente contestabile dalla pochezza politica degli avversari.
L’esito delle elezioni amministrative va valutato dunque detraendo alcune situazioni dove una capacità di leadership del candidato o la nullità delle sue opposizioni hanno in qualche modo “personalizzato” il confronto. Il resto è piatta cronaca: la protesta canalizzata dal grillismo e dall’astensionismo; la stanca delusione dal crollo di voti del centro destra, da un elettorato in cerca di alternativa al berlusconismo ed insoddisfatto della “mediocritas” di Alfano e soci e dal fatto che egli, che pur sembra una brava persona, appare troppo circondato da brutti ceffi del malaffare politico di questi anni di potere.
La sinistra regge abbastanza bene allo sforzo, ma paga un po’ il prezzo del governo Monti, i sacrifici richiesti e quelli eccessivi, la non ancora attuata equità con i più ricchi, la politica, speriamo ancora per poco, merkeliana e troppo “euro tedesca”.
I segnali sono forti ma queste elezioni sono locali e non politiche. Per quelle c’è poco tempo ma, sufficiente ai partiti “tradizionali” per fare altri errori, per difendersi con improvvisate ed inutili “linee Maginot”, per mascherare altri scandali e cattive amministrazioni. I partiti, questi partiti, sono alla resa dei conti ma non saranno sostituiti dal grillismo, capace di critica ma, almeno non ancora, di proposte.
Ci saranno altri eventi, forse provenienti da aree imprevedibili, che vorranno essere risposte ad un Paese che, dopo sbornie di falso ottimismo e di politica spettacolo con nani, ballerine e un po’ di banditi, sente il bisogno della serietà, della competenza, del senso dello Stato e l’esigenza di una politica di solidarietà, di senso sociale, di giustizia effettiva e di attenzione verso i più deboli. Questi valori vengono ora definiti come “nuovi” e si vuole gente nuova per realizzarli. Ma sono i valori dell’antica buona politica che da troppo tempo è stata dimenticata.

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6 Responses to "Verona non fa testo"

  • Gianni Porzi says:
  • Claudio Maffei says:
  • Antonio Consolati says:
  • Pietro Di Muccio de Quattro says:
  • Claudio Maffei says:
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