La Colpa dell’Euro

È tipicamente italiano: quando le cose non vanno bene, e accade spesso, la colpa è sempre di qualcuno o qualcosa d’altro. Tra i più soventemente colpevoli c’è l’euro. 
A ormai dieci anni dalla sua creazione, ancora gli si imputa di tutto e di più. L’argomento principe, in memoria della nostra debole lira, è quello agitato dalle associazioni di piccole imprese: l’euro non consente, come la lira, la svalutazione competitiva, l’abbassamento del valore della moneta per vendere di più all’estero. Naturalmente a … valuta svalutata. Si tratta di un modo di ragionare un po’ strano: siccome non riusciamo ad essere competitivi nella produzione rimediamo con la svalutazione. Come se la svalutazione fosse operativa solo all’estero e non anche all’interno, per le busta paga ed il loro potere d’acquisto. Ma si sa, nel nostro bel Paese, è difficile ragionare nell’interesse generale: prevale sempre il parziale, quello delle categorie “prevalenti” e politicamente più forti ed organizzate. Quasi sempre le più ricche.
L’euro, in verità, è stata una sfida forte per il nostro Paese ma positiva per agganciarlo alla crescita dei paesi più forti e stabili come Francia e soprattutto Germania. Del resto la forte e pretenziosa sterlina, non entrata nell’euro, non pare goda di ottima salute. Va però ricordato che l’euro non può essere gestito con le sole politiche monetarie, tra l’altro fortemente aggredibili dalla speculazione internazionale. Dietro la moneta ci vuole, è indispensabile, una politica economica, industriale, fiscale, della spesa pubblica.
Dietro al dollaro, nel bene e nel male, ci sono gli Stati Uniti, dietro all’euro non c’è l’Europa che – soprattutto dopo l’eccessivo allargamento – è più latitante che mai. Nonostante ciò, l’euro sembra tenere.
Cosa sarebbe stata la situazione italiana senza l’euro? L’esempio della Grecia (e senza paracadute europeo), è solo parzialmente indicativa: la nostra crisi, anche per la diversa dimensione dello stato, sarebbe stata ben più drammatica. Se dovessimo valutare gli effetti dell’euro sul piano esterno, dell’economia internazionale, non potremmo che dare – con tutti i suoi limiti – un giudizio positivo. Diverso è il discorso interno, che è stato assai più portatore di disagi: non per colpa dell’euro, ma della politica dei nostri governi, da Prodi a Berlusconi.
Ci siamo dimenticati della “svalutazione competitiva” fatta all’interno del nostro Paese con la connivenza dei governi che non hanno controllato alcunché, per cui già alla sua nascita, l’euro è stato valutato più o meno, a 1000 lire anziché 1936,27? Mentre i dipendenti, privati e pubblici, avevano lo stipendio in euro al cambio stabilito, commercianti, professionisti, artigiani e via dicendo, sono passati all’euro svalutato del 50%. Una pizza che costava 7000 lire, in pochi giorni, nella difficoltà del mutamento, venne a costare sette euro, 14.000 lire.
Era l’epoca in cui trionfava il tristemente noto presidente di Confcommercio Billè, ed i governi davano ai Prefetti il compito di controllare: chi si è accorto di quel controllo? Così l’euro, in Italia, già partiva male rispetto al resto d’Europa. Ora, nel quadro della difficoltà di tutto il mondo occidentale, economiche causate anche qui dai mancati controlli sul mondo finanziario, degli USA in particolare, si discute ancora delle colpe dell’euro invece che di quelle dei governi. 
Il debito pubblico italiano – immenso e irragionevole – è stato causato. ancora nella prima Repubblica, dalle esigenze “politiche” dell’accordo tra DC, PCI e Sindacati con leggi “progressiste” quanto irresponsabili. Basti ricordare, solo come esempio, le baby pensioni volute dai Sindacati e concesse dal governo di “solidarietà nazionale”. La manovra economica, che riteniamo insufficiente, è assai criticabile per il modo e la non selettività dei sacrifici, anche se a protestare sono i più ben pagati, magistrati in testa. Ma è una brutta manovra perché preceduta da una brutta politica, caratterizzata da irresponsabilità nella spesa pubblica, mancanza di controlli, sprechi vergognosi, promesse non mantenute (ved. Abolizione delle province), nuovi centralismi regionali, proliferazione di società pubbliche, forme paradossali di autonomia senza la relativa responsabilità. A questo si aggiunge lo scarso attivismo repressivo della Corte dei Conti, forse anche essa afflitta dagli stessi problemi.
Come si può pensare che le soluzioni vengano da chi è stato la causa di questi disastri? Come sempre si scambia l’effetto con la causa, ed ovviamente – così facendo – non si trova la giusta cura.

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1 Response to "La Colpa dell’Euro"

  • Claudio Maffei says:
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