La monnezza

Ormai non ce ne meravigliamo più, nel vedere la bella Napoli sommersa dalla “monnezza”, la gente con le mascherine su bocca e naso, le ruspe che la spostano da una parte all’altra, nell’atmosfera di puzza e di vergogna che alita tutto intorno. Il problema dura da quindici anni, si sente dire, e il potere non ha fatto nulla, sia a sinistra per molto tempo sia a destra per breve, salvo spendere inutilmente un sacco di soldi. Il problema in verità esiste, e non solo a Napoli, dove si mischiano denaro pubblico, affari, intrallazzi. Monnezza chiama monnezza e rispondono mafia, camorra, corruzione, incapacità delle istituzioni a reagire, viltà della politica o meglio dei politici che dovrebbero agire. Molti dimenticano che la camorra ha ben più di quindici anni e che mette le mani dove ciò rende denaro e sta sempre con il potere, sia esso di destra o di sinistra, al sud come al nord. Certo in alcuni luoghi è più familiare, dove c’è povertà e disoccupazione è assai più forte, dove c’è incultura, mancanza di senso civico, scarso senso di cittadinanza. Dove il potere pubblico è debole, compromesso, dove la gente vota in modo succube e clientelare, dove la demagogia batte la democrazia.
Il Presidente della regione Campania Caldoro dichiara, a fronte di un avviso di garanzia per disastro colposo o giù di li, che lui “non ci sta” a pagare per tutti quelli che lo hanno preceduto. Onestamente ci pare che non abbia tutti i torti e che il pubblico ministero, per gli stessi reati, avrebbe dovuto risalire ben più indietro nel tempo e nelle responsabilità.
Il Sindaco, eletto da pochi giorni, sembra scoprire ora che la camorra gli avrebbe impedito di operare come avrebbe voluto. E, tanto meno in cinque giorni: un’affermazione questa, di tipo berlusconiano. Per guarire i tumori ci vuole ben più tempo. Ora chiede aiuto ad un governo ostile nel PDL e nemico nella Lega. Ma, non lo sapeva già da prima?
Il Presidente del Consiglio, memore degli stessi risultati e delle stesse errate promesse, assicura interventi che non può garantire, neppure all’interno del Consiglio dei Ministri. I suoli rimproverano il Sindaco di Napoli, quasi soddisfatti della brutta figura, la dichiarazione sui cinque giorni, dimentichi che la stessa fece il loro leader. E lui aveva l’esercito da far intervenire, come appunto fece.
Ognuno dà la colpa agli altri ben sapendo che le colpe sono un po’ di tutti e che la responsabilità politica e amministrativa, il senso dello Stato e del diritto sono i veri assenti. Ma tutti questi responsabili sono in via primaria espressione del popolo napoletano, che sempre li ha votati e con numeri plebiscitari: da Bassolino alla Jervolino.
Ed è un popolo che, in sintonia con la sua dirigenza, non sa o non vuole fare la raccolta differenziata, non sa denunciare chi brucia la spazzatura, non i camorristi e i loro contigui. L’odore di monnezza, vedendo la Napoli sommersa, sembra giungere anche a noi, a turbare il nostro olfatto. E ci giunge notizia dell’intervento della magistratura napoletana, timorosa – udite udite – per la salute pubblica.
Dopo il governatore, il Sindaco, il Presidente del Consiglio, ecco apparire un potere vero: quello dei Pubblici Ministeri che cominciano ad indagare. Ci si chiede se indagheranno anche su se stessi, sui loro predecessori, sulla procura di Napoli di fronte all’obbligo dell’azione penale, esercitato ad libitum, come si è voluto. Non potevano intervenire prima, come imputano al forse troppo debole Caldoro?  Ora sembrano essersi resi conto che ci sono dei pericoli, che a Napoli c’è la camorra molto interessata all’immondizia, che possono esserci delle responsabilità.
Di monnezza si può morire anche per gli effluvi, più carichi di profumi di classe, che giungono da Roma, dove sembra che una squadra di spazzini, pardon operatori ecologici, abbia smosso ed evidenziato, pare per ora  e solo via telefono, la governativa immondizia.

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