Giu
15
Le ragioni profonde
Siamo nella piena esplosione dei commenti e dei giudizi post referendari. Ognuno trasferisce, anche nei giudizi più sereni, le proprie manifestazioni di opinione e di volontà, i propri pensieri, soprattutto quelli precedenti la votazione, confermati o smentiti dai risultati.
Si cercano i vincitori della gara, ma sono certamente individuati i perdenti: Berlusconi e Bossi e la parte più “fedele” dei loro seguaci. Soprattutto quelli che non hanno voluto il voto in concomitanza con le amministrative, facendoci spendere, di questi tempi, ben 350 milioni di euro in più. Con la giusta punizione avuta, avendo la maggioranza di governo perso le une e le altre consultazioni. E in modo certamente clamoroso.
Le ragioni di queste sconfitte non stanno nei vincitori, nei loro comportamenti e non sono ascrivibili totalmente ai Comitati, a Di Pietro, ai partiti della sinistra che certo hanno dato il loro significativo contributo. Né sono ascrivibili, ma già molto di più, ai quesiti referendari stessi che, pur se interpretati in modo un po’ strumentale, hanno certo attratto l’interesse dei cittadini, di sinistra e di destra, posto che questi due termini abbiano ancora un significato. Validissimo lo sforzo di chi si è battuto, soprattutto per il raggiungimento del quorum, ma tutto ciò non sarebbe stato sufficiente senza la presenza del clima politico generale.
C’era e c’è infatti un clima di stanchezza e di delusione, ma anche di rivolta. Soprattutto nell’area che potremmo definire ex berlusconiana e tutt’ora di centro-destra, che è rappresentata da gente moderata, che aveva sperato nella innovazione del partito liberale di massa ai tempi di Forza Italia; essa voleva riforme promesse e mai realizzate, lo snellimento dell’apparato dello Stato e del relativo affarismo, la promessa abolizione delle province di tanti altri sprechi, compresa l’invenzione di posti di governo per i neo acquisiti o acquistati sedicenti “responsabili”. Gente che ha voglia di serietà nell’impegno politico, di esperienza e preparazione della classe dirigente, della fine dell’epoca delle veline e delle escort in Parlamento o nel Governo e alla conclusione di una super oligarchia che decide tutto ma senza nulla scegliere.
Senza questo clima, neppure l’acqua e l’atomo avrebbero forse smosso così pesantemente l’elettorato. Anche il miglior seme rimane improduttivo se gettato sulla roccia o su una terra inadatta. Elezioni e referendum sono state le occasioni temporali, l’oggetto di attualità, la materia del contendere: la sostanza è molto più politica e diffusa ed è fornita dalla classe dirigente nazionale e locale, per quello che significa oggi nella valutazione del popolo. Come diceva Leo Longanesi in altri tempi: non è la sostanza delle cose che vengono dette a non convincermi ma la faccia di coloro che le dicono. Sembra scritta oggi.