Lug
23
Morire per Berlusconi
La vicenda dell’autorizzazione all’arresto dell’onorevole Papa, l’assenza di Bossi in Parlamento e l’attivismo di Maroni, l’alternanza delle opinioni espresse, la libertà di voto ed il relativo esito finale, ci indicano, al di là degli aspetti etico – giuridici, un grande travaglio politico della Lega nord, sintetizzato dalla cupa e delusa reazione di Berlusconi.
La Lega non è rotta o divisa in modo esplicito ma al suo interno i fermenti sono sempre più forti, lo stato di salute e di età del suo leader sempre più evidente, la preoccupazione per il futuro sempre più pressante, sempre meno dissimulabile il peso di una responsabilità di governo, pienamente condivisa con Berlusconi e quindi contestabile da un elettorato che alla coerenza della Lega crede in misura sempre minore. Del resto i suoi dirigenti, i suoi quadri più attenti hanno visto, nella vicenda di Papa, un’ottima occasione per affermare una diversità con il Pdl, senza però rompere l’equilibrio di governo, senza fare la crisi.
Il voto leghista, che è stato determinante, tendeva a salvare la propria immagine più che a dimostrare attenzione al diritto penale, ad affermare una discontinuità politica (almeno in qualche cosa), per giustificare la continuità governativa. E Maroni lo ha capito perfettamente, Berlusconi meno.
Nella Lega, nei sussurri del Transatlantico e nelle voci di periferia (via Bellerio compresa) si dice di non voler “morire per Berlusconi”, sapendo però di non voler morire nemmeno per Bossi, o per le sue e proprie responsabilità.
Il tempo passa anche per la Lega. La gente vede i risultati scarsi della sua attività non solo a Roma ma anche in periferia, anche e sopratutto dove governa
Sente la sua presenza nel potere, ma non ne vede gli effetti, né rivoluzionari né riformisti.
Di fronte alla liquefazione politica del Pdl è certo più ben messa, ma per il fatto che il peggio di questo sistema è difficilmente superabile. Non mancano i sintomi del decadimento di questa forza, ormai su piazza da molto tempo, le cui grandi promesse sono anch’esse datate e non mantenute.
La crisi economica si fa sentire pesantemente anche al Nord e non basta l’invettiva contro gli immigrati che la motivava un tempo, esaltando non la ragionevolezza degli interventi, quanto forme di più o meno dissimulato razzismo. Gli imprenditori del Nord -anche i minori- capiscono che senza grandi mercati, senza adeguata forza lavoro, senza innovazione e qualità, senza politica estera, non c’è prospettiva di sviluppo. L’Europa un tempo svillaneggiata dai leghisti, è una dimensione indispensabile, che va profondamente corretta e politicamente potenziata, ma che non è da squalificare salvo richiederle aiuto quando si è in difficoltà.
Lo sviluppo economico di una potenza avanzata come l’Italia, ad onta dei governi pro tempore, è legata al quadro internazionale, ai rapporti con le grandi potenze, alla nostra partecipazione alle vicende del mondo. Tutto il contrario di quanto affermava la Lega. La base produttiva del nord, quella più seria, queste cose le capisce, come anche la base minore comprende che, nella “Roma ladrona” i leghisti ci stanno benone, negli enti e nelle partecipazioni pubbliche, nelle consulenze e nelle prebende. Come in periferia, nelle città e nelle province dove amano comandare. Il clientelismo viene combattuto a parole non praticato nei fatti, come insegna l’allucinante vicenda delle quote latte ed altre ancora di varie parentopoli e amicopoli locali.
È quindi legittima l’affermazione di non voler “morire per Berlusconi”? Si, certo, il Berlusconi dei processi, dei bunga bunga, dagli eccessi pubblici e privati li ha fortemente infastiditi. Ma non li hanno sempre compresi ed avvallati?
Cosa faranno i parlamentari leghisti per il prossimo caso dell’on. Milanese, uomo di Tremonti e per la richiesta di arresto nei suoi riguardi?. Cosa hanno fatto o solo detto con il caso Brancher, uomo da loro sempre considerato proprio, quando fu nominato Ministro per non farlo andare in tribunale?.
La Lega in verità cerca di ritrovare una verginità perduta, un ritorno alle origini ,-non particolarmente nobili in verità, però espressione di un popolarismo proletario, compatibile con le più o meno vantate partite IVA del nord. Resta dunque la riflessione: se non si vuole “morire per Berlusconi”, come si sfugge all’abbraccio mortale? E inoltre, senza Berlusconi, dopo tanti anni di convivenza more uxorio, dove si va? Si può cambiare l’amante ,visto che dicono di non avere sposato Berlusconi, senza pagare qualche conto al predecessore? In questa difficile situazione italiana tutto sembra possibile. Ma, come insegna la vicenda Papa, a tutto c’è un limite.