Contro l’Aventino

Ad onta del mio stesso nome, che denuncia il paterno antifascismo, non ho mai condiviso la “secessione” aventiniana del 1924, successiva al delitto Matteotti, dopo il suo discorso sulle violenze fasciste alle elezioni politiche dello stesso anno. Quell’omicidio, di cui successivamente Mussolini assunse a “la responsabilità politica, morale, storica”… “perché questo clima storico, politico, morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento ad oggi”, sconvolse il Paese.
L’Aventino ricordava, un po’ strumentalmente, il colle romano dove si riunivano i plebei in antagonismo con i ricchi patrizi che invece stavano sul colle Palatino: 2500 anni fa.
Così le opposizioni parlamentari del governo Mussolini, comunisti e socialisti, abbandonarono la Camera dei deputati, lasciando i seggi vuoti, in segno di sprezzante dissenso. Non fu l’assenza di un solo giorno ed avviò un conflitto anche istituzionale di gravi conseguenze. Irrigidì la posizione del fascismo, stimolò l’arroganza dei duri di Farinacci e poi portò alle leggi speciali, alla decadenza dei parlamentari “aventiniani”, all’arresto di Gramsci che pure era parlamentare, alla fine della libera stampa e molto altro ancora.
La visita, ieri, dell’aula semivuota di Montecitorio, dell’assenza delle opposizioni per richiamare uno spirito aventiniano, dell’unità delle opposizioni impotenti contro una maggioranza eletta (allora con molte prepotenze, oggi con una legge “porcata”) voleva richiamare l’attenzione sull’arroganza un po’ “fascista” del governo Berlusconi.
Ma è stata un clamoroso errore, di cui gli stessi protagonisti si sono resi conto Paragonare Berlusconi a Mussolini, anche senza dirlo, è stata una colossale sciocchezza. Se un paragone può essere fatto è tra la debolezza e le divisioni delle opposizioni nel ‘24 e la stessa debolezza, mascherata da unità nella sola manifestazione, delle opposizioni di oggi; che non si trovano di fronte al Partito Nazionale Fascista, con l’allora fortissimo Mussolini, ma un Popolo delle Libertà che è frantumato in frazioni di futuri naufraghi, consapevoli della perdita del capitano della nave.
Nel ‘24 rimasero in aula solo una decina di deputati delle opposizioni, come ieri i sei deputati radicali: per rispetto delle istituzioni e del galateo parlamentare. Che fa parte delle regole democratiche.
La storia non si ripete ma insegna molto. Senza fare ridicoli confronti tra fascismo e berlusconismo, sembra che l’atteggiamento della sinistra senta sempre le stesse tentazioni, in tempi e situazioni diverse. Senza contare la quasi ridicola differenza di leadership ben diverse tra di loro, Mussolini e Berlusconi, Gramsci e Bersani!
La politica non deve evocare emblematicamente tempi passati e sepolti dalla storia, ma essere capace di interpretare il presente e immaginare il futuro. Gli atteggiamenti aventiniani, pur se strumentali ad umiliare il capo del governo, sono in sé perdenti, sono atti negativi, di rinuncia, di assenza. Possono accontentare la piazza di una mattina ma non producono reali fatti politici.
Le battaglie si fanno nel Parlamento e nel Paese ma sempre nel rispetto delle regole, delle istituzioni, frutto di scelte democratiche anche se non più condivise. Non a caso Napolitano geloso custode della costituzione, dell’unità del paese e della tranquillità istituzionale, non strappa, non fa scelte politiche. Qualcuno potrebbe rimpiangere Scalfaro e il suo interventismo, la sua “forte presenza” a sostegno e contro (tenendo salva la forma) soluzioni partitiche. Noi non lo rimpiangiamo. E guardiamo i seggi vuoti della Camera, come ad uno sgarbo fatto non a Berlusconi, ma alla democrazia ed alle sue istituzioni.

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