Il pungitopo

Celentano: cantare, solo cantare

Ha rappresentato, ma non certo da solo (basti pensare alla generazione di Gaber e tanti altri) per molti di noi, giovani e meno, la canzone italiana allegra e pensosa, viva e bella. Fin che ha solo cantato, ci è piaciuto molto. Poi si è montato la testa: ha scambiato la vendita di dischi per consensi politici, la leadership musicale per autorevolezza di idee, la ricchezza economica per legittimità ad insegnare al popolo che considera il suo personale popolo. Strapagato, straonorato, strarincorso. Con i poveri, davvero poveri, in dirigenti della Rai, in ginocchio davanti al Mito. Se la grande Mina si limita a scrivere degli articoli, sempre intelligenti e brevi, garbati e senza pretese, sulla Stampa di Torino, lui ha scambiato la tribuna del festival (e in genere ogni tribuna) per il balcone di palazzo Venezia e predica, predica di tutto e su tutto. Qualcosa di vero talvolta lo dice, come pure il comico Grillo, ma affogato in una demagogia populistica e con un’arroganza che lasciano sconcertati, anche se non sorpresi e ci dà l’impressione che, più che parlare a noi, teleutenti paganti, ascolti se stesso con grande sussiego. Sembra di vedere i film di certi discorsi di Mussolini che, pure lui, ascoltava l’eco delle sue parole:… “italiani”…! Celentano ha i suoi anni e la sua carriera densa di successi. Perché vuol cambiare il suo ruolo? Sarebbe così bello se si limitasse a cantare, solo cantare.

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9 Responses to "Il pungitopo"

  • Gianni says:
  • Adamo Valentini says:
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  • giancarlo says:
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  • Fabrizio says:
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