Una proposta di riforme

I partiti sembrano tutti convinti della necessità di una nuova legge elettorale: più che generale convinzione si tratta della generale constatazione che la gente si sta totalmente staccando da politica e istituzioni e che, alla lunga, la stessa democrazia è in pericolo se ne continuano le forme attuali. Sembra che i temi siano tutti condivisi, per esempio, la riduzione del numero dei parlamentari ed il collegamento con il territorio, che certo non sono delle novità. Ogni partito però guarda al problema, al di là delle dichiarazioni ufficiali e pubbliche, secondo un particolare “interesse” proprio e nello spirito della “riduzione del danno”: riduciamo del 10, del 20% non oltre…
Tutto ciò è anche una forma di difesa dalle opinioni più oltranziste, più antipolitiche e quindi eccessive. Sono tesi entrambe troppo parziali. Bisogna valutare il problema in un’ottica neutrale, se possibile di oggettivo interesse generale.
È il caso di tentare una proposta partendo dall’importante rapporto tra numero dei deputati, legame al territorio e quindi rappresentanza popolare. Oggi un deputato rappresenta mediamente circa 120 – 130 mila cittadini. Un senatore è circa il doppio, per 250.000. Per fare un esempio la città di Verona (di circa 264.000 abitanti) eleggeva, con il precedente sistema, un senatore e due deputati. Con l’attuale legge il cittadino può sapere (forse) chi è il suo senatore ma non sa più chi sono i suoi deputati, perché eletti su mega collegi, in ordine di presentazione e quindi a discrezione dei capi partito, e sempre più senza legami se non al vastissimo territorio, magari di una grande regione.
Immaginiamo di contenere il numero dei deputati che ora sono 630 e di volerlo ridurre in modo serio, dato che siamo in presenza dei parlamentini regionali, in modo sufficiente. Ecco una proposta concreta di riforma che consiste nell’utilizzare i collegi elettorali del Senato per eleggere i deputati. Nel collegio del Senato di Verona si eleggerebbe un deputato anziché due e a livello nazionale si passerebbe automaticamente a 315 deputati, con una riduzione molto importante, del 50%.
Ciò può avvenire senza perdere la rappresentanza, perché il collegio uninominale è di per sé legato al territorio ed alla sua popolazione. Non si perde nemmeno il potere dell’elettore che può ben scegliere il partito ma attraverso la persona del candidato, come avviene alle elezioni amministrative per i sindaci. Come per questi, (salvo che il candidato alla Camera non superi il 50% dei consensi), si va al doppio turno tra i due candidati più votati al primo. Al primo turno avviene prevalentemente una scelta di partito e vi possono essere anche molti candidati ma al secondo turno sono rimasti i due più votati e vincerà chi saprà esprimere meglio l’opinione maggioritaria dei cittadini. Senza dare giudizi di merito o politici, senza il doppio turno non avremmo avuto soluzioni come Pisapia e De Magistris e tanti altri, magari i più voluti dai partiti.
Si riducono fortemente anche le spese elettorali, non vi sono quelle individuali per le preferenze che non ci sono più, e la battaglia elettorale è più lineare e chiara. Si può obiettare, come si obietta, che nei collegi sarà sempre possibile ai partiti di “paracadutare” i candidati. Ma dipenderà dai cittadini accettare le soluzioni o “sparare” sui paracadutisti. Se li accettano diventano del resto espressione della loro volontà. Se nel collegio parlamentare candidiamo da una parte una bella e disponibile fanciulla e dall’altra (per restare nel genere) Nilde Jotti o Tina Anselmi, sarà l’elettore a scegliere e quella scelta sarà legge democratica per tutti.
Diciamo spesso che il popolo ha sempre ragione. E’ vero, ma solo giuridicamente, perché il suo voto determina ovviamente le scelte. Ma quante volte il popolo, suggestionato dalla situazione e da particolari illusioni e speranze, dalla demagogia che lo influenza, da pifferai magici, ha fatto scelte che ha pagato pesantemente. Basti pensare che ha preferito salvare Barabba e far crocifiggere Gesù. O che ha votato Mussolini ed Hitler.
Si tratta dunque di dare al popolo sistemi politici che ne rappresentino la volontà e gli consentano valutazioni serene non influenzate dal denaro o dal potere. Quindi con il sistema del collegio uninominale a doppio turno si ottengono: la riduzione del 50% dei deputati (del Senato vedremo a parte), il legame al territorio di elezione, la scelta basata sulla qualità dei candidati, il rapporto diretto con il deputato eletto, meno potere ai partiti ed un maggior legame tra il parlamentare eletto e la sua base territoriale.
Non è tutto ma non è poco, anzi è molto. Certo della legge elettorale è solo una parte: continuando la riflessione vedremo il resto.

1 Response to "Una proposta di riforme"

  • Alberto Anselmi says:
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