Apr
3
Basta passeggiare in città
Ho ricevuto dall’amico Ezio Zadra, una simpatica nota, apparentemente solo descrittiva, su un problema assai importante. Ritengo utile pubblicarla con una risposta, magari meno simpatica, ma credo consequeziale.
Fin dalla più giovane età ho sempre avuto una passione assai forte per girare il mondo non solo per vedere le città, ma soprattutto per conoscere i popoli: poter parlare con le persone, discutere della loro vita, della loro organizzazione, dei problemi, della visione che hanno per questa e per l’altra vita.
Naturalmente la vita non ti lascia fare quello che vuoi. Devi fare il latino altrimenti ti bocciano, devi fare l’algebra e la geometria, devi andare avanti con il tuo programma per non restare disoccupato, poi devi lavorare ed importi per non perdere il lavoro, si aggiunge una famiglia ed il tuo sogno iniziale è sempre latente ma la sua realizzazione viene progressivamente differita. Da una settimana sono pensionato ed ho più tempo!
Posso riprendere i miei studi ed organizzare finalmente il programma di viaggi per l’incontro con le popolazioni.
Mi sono fatto un programma di studi inserito in un complesso, non di passeggiate, ma di marce da fare in città ed in periferia per mantenere il fisico.
Così ho rivisto per bene la mia città: sorpresa!
Cammino per la città verso le 11, del mattino, e trovo capannelli di giovani tra i venti ed i quarant’anni che stanno chiacchierando in albanese. Poco più avanti giovanotti diversamente colorati, ti si avvicinano con una mano tesa e la fotografia di una famiglia con una decina di ragazzini ed una o due donne e non capisci se ti chiede qualcosa da mandare a loro o se vuole qualcosa per aiutarlo a farli venire qui.
Guardo la mia città e vedo che ormai i ristoranti sono per il 30% etnici. Un po’ meno i negozi, ma la proporzione riprende drasticamente quota quando passo per il grande mercato ambulante dove c’è ancora qualche commerciante stanziale che si guarda in giro con aria sconsolata e vedi che sta pensando: ma perché non si comprano al che il mio stand?
Più in là un gruppo di sudamericane sta discutendo concitatamente. Qui gli studi fatti per le lingue servono: non ascolto perché mi sembrerebbe indiscreto, ma sento che stanno parlando di una compagna che è stata ferita in un night. Associo subito il pensiero: quando ho lasciato il posto di lavoro ho invitato i colleghi a cena e quindi a bere un digestivo in taverna. Lì, siamo stati circondati da un gruppo di ragazze sempre sudamericane che hanno parlato con noi e che ci hanno detto di essere venute in Italia come rifugiate politiche.
Se parlano di questo, dovranno essere colleghe, penso. Le guardo bene e stimo la loro età tra i 18 e i 20-22 anni. Mi ripasso a mente la storia del Sudamerica. Potrò sbagliarmi ma i fatti del Cile, della Bolivia erano di molti anni fa. Mi sbaglio io, o ricordo male i libri della Allende? Ma se queste sono rifugiate politiche, quanti anni avevano quando hanno operato contro i regimi? Due o tre, al massimo cinque, sempre che fossero già nate. Va bene la precocità, ma se queste facevano politica a quell’età, sono e rappresentano un patrimonio di critica e di coraggio che non può essere disperso nei locali notturni dove piacciono di più le forme fisiche di quelle mentali. Prendiamole subito nei partiti e facciamole diventare consiglieri comunali e poi… si vedrà.
Durante questo cammino, incontro filippini, spesso occupati nei giardini delle case più nobili, pakistani che non capisco bene cosa stiano facendo, ma sembrerebbero fare gli artigiani e tante russe od ucraine per lo più intente a fare le badanti.
Ma il numero di persone che sono a passeggio a quest’ora è impressionante! Cosa fanno per vivere? Sono già pensionati anche loro?
Se lavorassero, alle 11 del mattino non sarebbero sulle passeggiate a fare capannello. Come mai hanno moglie e figli piccoli? Ma non saranno forse anche questi dei rifugiati politici?
Mentre mi pongo tutti questi pensieri, combattuto tra il dovere cristiano di accogliere il viandante e la sciocchezza economica di mantenere chi non lavora, cosa che determina un evidente spreco che prima o dopo ci ricadrà sulle spalle con una ennesima finanziaria, ecco l’illuminazione!
Sorrido da solo, vorrei abbracciare tutti gli stranieri che incontro: hanno risolto il mio problema. Ho un enorme risparmio di costi e di disagi. Finalmente ho raggiunto la possibilità di incontrare tutti i popoli restando qui: mi basta uscire di casa e parlare: ho qui tutto il mondo!
La full immersion nella realizzazione del mio sogno la ottengo facendo le ferie in città.