Globalizzazione, mercati e democrazie

Il mondo sta vivendo una grande crisi economica, produttiva, culturale e di sopravvivenza. È una crisi che tende a durare, a non essere un intervallo tra momenti positivi, tra periodi di progresso e di crescita, non è una caduta, ma una discesa, una slavina lenta cui è difficile porre rimedio.
La globalizzazione è stata determinata dallo sviluppo tecnologico, soprattutto quello delle comunicazioni e delle decisioni, dalla velocità acquisita dai comportamenti e dai trasferimenti, in sostanza da una sorta di riduzione delle dimensioni del mondo stesso. La tecnologia sempre più avanzata ci consente di sfruttarne sempre più le risorse, di scavare sempre più in profondo, di svuotarlo delle fonti di energia, di renderlo apparentemente più produttivo, dove lo è; in realtà sempre più desertico, povero non solo di petrolio ma soprattutto di acqua e quindi di terre fertili.
Il piccolo mondo, ormai velocemente, sempre più velocemente, sfruttabile e con sempre minore disponibilità, va dunque salvaguardato per poterne salvare gli abitanti, cresciuti di numero in modo eccessivo nei paesi più poveri e di esigenze e sprechi in quelli più ricchi. In questa non troppo lenta rivoluzione globale vengono sconvolti poteri, istituzioni, regole tradizionali, dimensioni economiche, principi etici. Sta venendo meno il ruolo e il potere degli Stati, salvo quelli immensi o federali (Canada, Usa, Russia, Cina, India, Brasile) democratici o totalitari che siano: è una questione di dimensioni economiche, di bacini di consumo, di forza militare. A che servono da sole l’Italia, la Francia, la più forte Germania, il Belgio o la Spagna? A tutti questi si applica, se lasciati soli, la regola fisica dei mari: il pesce grosso si mangia i più piccoli, uno a uno.
Alla riduzione del mondo globale corrisponderà sempre più la riduzione del numero dei protagonisti, più grandi e più forti. E più pericolosi. Anche nell’economia sono i più grossi a determinare le scelte o le non scelte: le decisioni e le politiche. L’economia, non a caso, si trasforma sempre più in finanza e queste tende a comprarsi ciò che resta di Stati indebitati, spendaccioni, inconsapevoli del loro stesso destino. Travolgere, determinare, decidere la vita degli Stati con la forza di una finanza senza limiti o comunque immensa, significa decidere dei cittadini, del loro livello di vita, della loro povertà a favore di pochi privilegiati del potere finanziario.
Non potranno alla lunga essere i cittadini, neppure solo formalmente, a decidere sui loro destini. E sarà la fine della democrazia, utile ai popoli nonostante i suoi limiti e il suo cattivo uso. Il mondo ha bisogno di buon governo e ne ha uno pessimo, fatto di interessi egoistici, di rivalità stupide, di incomprensioni, di lotte tribali, religiose, razziali, culturali. L’ONU, che dovrebbe almeno in parte, governare le relazioni internazionali, i grandi problemi, i pericoli del mondo, è solo un tavolo da dibattiti, di confronti di tipo mediatico, resi inutili o utili dal potere dei più forti ed ai loro interessi economici e politici.
Le stragi di Gheddafi sono stragi, quelle del siriano Assad non lo sono, forse perché le prime sanno di petrolio.  C’è, a dominare il mondo, la grande economia e il suo inutile idolo, il mercato, risolutore apparente di tutto. Ad essere dominati ci sono i popoli sempre più defraudati di forza reale, da poteri più forti, per dimensione, per cinismo, per egoismo.
Non c’è la grande politica, non ci sono i  grandi leaders, le strategie capaci di fermare o frenare ingiustizie, disparità, crudeltà, accumulazioni indecenti. I comportamenti dei poteri sono determinati dai grandi finanzieri, dai gruppi globali (multinazionali), da Stati più forti, da speculatori canaglie e giù di li. Per guadagnare sempre di più, per avere sempre più un potere assolutamente incontrollabile, se non da poteri più forti, quelli degli Stati ora in larga misura, per la verità, governati da loro stessi. Per combattere questo stato di cose bisogna necessariamente pensare alla rivoluzione francese o a quella sovietica?
Il mondo naviga verso un pericoloso destino: eccesso di popolazione, scarsità di risorse, eccessi in aree parziali ma forti e d’immensi consumi, scarsità crescente di fonti di energia. C’è sempre più pericolosa da scarsità di acqua, inquinamento di quella che c’è, surriscaldamento del globo, desertificazione. I dirigenti del mondo pensano ad arricchirsi, a lottare per la prevalenza tra di loro, non si sforzano di pensare al futuro di tutti e che, quando la terra sarà invivibile, e non è pura fantasia, non serviranno più le loro ville, le navi da turismo miliardarie, le casseforti in forma delle banche di cui sono padroni.

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3 Responses to "Globalizzazione, mercati e democrazie"

  • alessandro lanteri says:
  • Gianni Porzi says:
  • Ezio Zadra says:
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