Dalla coppa alla pizza, allenarsi al futuro

I sogni sono finiti, ora ci risvegliamo alla realtà. Non senza gioia e delusione ed un timido senso di orgoglio. Almeno nel calcio abbiamo fatto bella figura, abbiamo ceduto, certo clamorosamente, ma di fronte ad una Spagna preparata, forte, che meritava di vincere. E ha vinto come nelle loro corride, hanno abbattuto un buon toro, caduto nell’arena, ma sempre degno di onore.
Questa gara europea ha assunto un significato più ampio, quasi di rivincita sugli insuccessi in altri campi ben più complessi e difficili, più seri di una partita di calcio. È  stata un po’ una terapia psicologica di massa, utile per ritrovare un po’ di identità che era in via di attenuazione, di speranza nonostante un futuro pieno di ombre e difficoltà, la sensazione di potercela fare, nonostante le nostre carenze e i nostri difetti, i nostri politici e i nostri sindacati, le nostre corporazioni e la nostra scarsa ed egoistica finanza. Ci siamo concessi qualche giorno di speranza, di illusione, di gioia e consolazione. Abbiamo anche sconfitto un bel po’, non del tutto, del nostro quasi inconsapevole razzismo, accettando finalmente l’italianità dello scorbutico ma bravissimo Balotelli, abbiamo riconosciuto nel presidente Monti un serio e solido difensore dell’economia italiana ed europea e lo abbiamo visto lontano da sudditanze ed ironie, rispettato come uomo e come leader. Non sono state cose da poco, anche per un paese gossiparo e criticone, diviso in tutto, come il nostro. Ora però dobbiamo tornare al reale quotidiano, ai sacrifici per breve tempo dimenticati, alle buone regole in disuso da oltre tre decenni, a non vivere sui debiti, a pagare le imposte, a colpire fiscalmente la ricchezza e a risparmiare la povertà, a tentare di diventare un paese serio, forse un po’ meno simpatico e godereccio ma serio.
Nel veloce risveglio dal sogno calcistico, qualcuno sussurra che non dobbiamo dimenticare di essere “mediterranei”, quasi un alibi per giustificare l’essere pasticcioni, un po’ irresponsabilmente egoisti, tattici e non strategici, più amanti di un mare riposante che non delle scalate sulle nostre pur alte montagne. I nordici sono più forti, decisi, precisi, capace di sacrificio e di senso dello Stato e del diritto. Il protestantesimo li ha forgiati meglio, li ha tenuti lontano dagli scandali e dagli impulsi di potere della millenaria curia vaticana, e dalle invasioni che hanno segnato la storia della nostra penisola, creando differenze, sofferenze, domini ed imposizioni, provenienti da nord e da sud.
Certo siamo mediterranei e non ce ne dispiace, ma dobbiamo guardare al brumoso Nord con attenzione e capacità di seguirne gli insegnamenti virtuosi. Salvo diventarne sempre più tributari.
In un mondo globalizzato non è consentito essere piccoli. L’Europa, più unita che mai, è indispensabile per tutti, anche per la più forte Germania, e non parliamo dei paesi più piccoli o deboli. Ma non si deve andare al traino dei paesi alleati, ricorrere ai loro prestiti, dipendere dai cosiddetti mercati. Dobbiamo comprendere la linea di sviluppo di tutta l’Europa e seguirne gli esempi virtuosi, come quello germanico, e portare l’Italia alla serietà della buona amministrazione, con sindacati come quelli tedeschi, capaci di tutela dei lavoratori e non solo predisposti a scioperi e al clamore delle dichiarazioni, senza assunzioni di responsabilità.
Dov’erano i sindacati italiani quando esplodeva il debito pubblico, quando hanno voluto le baby pensioni e spingevano la spesa dello Stato ed il gigantismo della pubblica amministrazione e la creazione, ad ogni piè sospinto, di “aziende” di Stato ( pure per fare i panettoni) e di “municipalizzate” fatte da comuni, province, regioni, per evitare le leggi sulla contabilità pubblica. Questo solo per fare un esempio significativo anche della forte analogia e similitudine tra sindacati e partiti. Con il giudizio che ne consegue.
Sappiamo bene cosa ci ritroviamo al risveglio dal pur breve sogno. Quale spirito abbia la squadra più o meno lo conosciamo, ma non chi sarà l’allenatore dopo Monti. O troveremo il modo, di fronte al promesso reingresso di Berlusconi, di tornare… alla cavalleria leggera, al campo facile da percorrere, ai sollazzi dell’elegante club ippico, che abbiamo spensieratamente se non frequentato almeno conosciuto, lontani da preoccupazioni e problemi, salvo forse per la presenza dei pericolosi magistrati nel nostro paese.
Se vogliamo partecipare e magari vincere al prossimo campionato, quello economico, civile, politico, ci aspetta un lungo e forte allenamento, con giudici severi, con sforzi fisici, con preparazione intellettuale e forti convinzioni. Sarà altrimenti impossibile togliersi di dosso il simbolismo “mediterraneo” di pizza e mozzarelle con la chitarra in mano.
Simpatica immagine vacanziera ma che non piacerà ai nostri figli e nipoti diseredati del proprio futuro.

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4 Responses to "Dalla coppa alla pizza, allenarsi al futuro"

  • anna & mario says:
  • Fabio Pietribiasi says:
  • Gianni Porzi says:
  • roberto says:
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