Il “quid” che manca

I sondaggi, con i limiti che possono avere, ci indicano ancora una forte propensione all’astensionismo, una tendenza rilevante al “grillismo”, anch’esso una forma di protesta, e la grave crisi di tutto quel mondo moderato che aveva creduto o si era illuso di credere, nella grande proposta liberal democratica di Berlusconi.
Siamo alla fine della strana esperienza della seconda Repubblica che, cattiva erede della prima, ha però realizzato significativi cambiamenti nella stessa strutturazione politica, nella logica del confronto trasformato quasi in scontro personale, nella totale, assordante, monopolizzante, presenza del leader, padrone del partito, di ogni partito.
Mauro Calise, docente di scienza politica alla Federico II° e grande esperto del “partito personale” ha teorizzato con grande serietà, questa svolta della politica italiana, come fenomeno che in questi vent’anni ha segnato il Paese.
Ora, in questa fase delicata del governo Monti, si ripropone il problema del futuro con le prossime elezioni politiche e dopo le amministrative scorse, che hanno dato precisi segnali di movimento della base elettorale, di forte utilizzo degli strumenti legati a internet e ai social networks, e, con Grillo, di nuovi meccanismi di comunicazione e di critica politica.
Gli elettori più attenti, oggi si guardano attorno, spinti anche da preoccupazione e paura, e cercano di capire, di immaginare a chi rivolgersi, a quale personalità capace di dare una fiduciosa prospettiva.
Cercano un leader non un partito: così è ormai abituata la gente, dopo un lungo periodo populista, deludente e personalizzato, dove le stesse delusioni riguardano la capacità o meno dei leaders, di dare risposte adeguate alla domanda politica, spesso confusa ma pressante del Paese.
I leaders presenti sulla piazza, più che capi politici, sono i veri padroni dei partiti, simboli grafici essi stessi, icone che però sono ormai adorate dai soli sacerdoti, (i loro ufficiali) del tempio. non dai fedeli della comunità.
Un leader vero per il Paese non si trova, e, se guardiamo alla vita della seconda Repubblica, l’ultimo ventennio, abbiamo visto tanti party owners, e ben pochi political leaders. Tutti costruttori di partiti personali, da Berlusconi a Dini, D’Antoni, Miccichè e Lombardo, e Mastella, Casini, Fini, Vendola, Di Pietro. Anche Bersani, che però è espressione di un partito, il PD, che non si può definire personale se non per le numerose personalità che si affrontano all’interno. Beppe Grillo è l’estremizzazione che realizza il partito dell’one man show, unico attore in scena con platea piena e programma a soggetto.
La crisi, politica e personale, di Berlusconi lascia certamente nei maggiori guai il centro destra, e un rientro formale dell’ex Presidente del Consiglio, aumenta i guai stessi e li rende più pesanti.
 Gli italiani cercano un uomo di cui fidarsi, cui affidare la grave situazione.
C’è Monti, ma che è un Presidente più che un leader politico; egli promette una prospettiva ma chiede, come Wiston Churchill agli inglesi, lacrime e sangue.  La situazione è assai diversa: Churchill aveva di fronte Hitler, Monti la Merckel. Ogni tempo ha i suoi eroi, anche se la guerra economica rischia di fare danni quasi come quella militare.
Berlusconi ha fatto eleggere, con largo applauso ma senza voti, Angelino Alfano, come Segretario del PdL. Ma qualche tempo dopo si è accorto che gli mancava un “quid” che è quel qualcosa che caratterizza un leader, e ora valuta se tornare in campo. Egli sa che l’area moderata di centro destra, quel che resta della vecchia Forza Italia e del ceto moderato del Paese, cerca disperatamente un leader con il quid, ma non lo rimpiange perché di quid ne aveva e ne ha obiettivamente troppo.
Può il Centro destro riaggregare elettori, anche disaggregandosi per abbandonare quel che resta di Alleanza Nazionale e quel che resterà di una Lega che vorrebbe rimanere al potere? Non sembra sia così facile.
Mentre i partiti “tradizionali” si mettono d’accordo,facendo immaginare al Paese riforme utili ai cittadini, anche se fatte solo per il loro esclusivo interesse elettorale, occorre ora qualcosa di nuovo, di popolare, espressione più reale del Paese, capace di dare fiducia e ottenere consenso. L’emergere di un leader verrebbe di conseguenza.
Se non avvenisse, trovandoci tra Grillo e Monti, vorremmo che quest’ultimo, evidenziando il quid necessario che in realtà sembra avere, fosse dotato di un sostegno politico capace di dare forza al Governo e non solo svogliati voti di fiducia in Parlamento.

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