Ago
31
Tra soldi e democrazia
L’ennesimo incontro tra la Cancelliera Merkel e il presidente Monti ha degli aspetti di tipo “sentimentale”: c’è il corteggiamento, il lungo colloquio, il sereno convincimento, la diffidenza della corteggiata, un casto abbraccio finale, (L’epoca “erotica” di Silvio è terminata), ma senza concessioni, con la promessa di rivedersi presto, senza fretta, come dice la pubblicità di un liquore al limone.
Era già avvenuto in un incontro a Bruxelles e Monti aveva chiesto di creare il fondo salva stati, ovviamente per tutti ma soprattutto per Italia e Spagna, i più in difficoltà. Allora Angela aveva un po’ ceduto, accondisceso alla richiesta del “corteggiator cortese” più credibile del suo predecessore. Poi però, nonostante il gentil consenso della signora, il professore ha dichiarato di essere grato della disponibilità ma non avere intenzione di usare il fondo euro tedesco. Chissà mai perché.
Il galante e bisognoso signore italiano ci ha ripensato e, sempre nella parafrasi sentimentale, ha immaginato un futuro con Angela Merkel, più disponibile alla comprensione ma sorvegliata da feroci parenti in toga rossa, e lui stesso controllato da una troika arcigna e severa che chiede conto di tutto e inoltre con tutta la parentela tedesca di Angela che lo considera uno squattrinato che vuole sposare la ricca signora che, per sentimento, è disposta ad accettare.
Di fronte a questa immagine poco romantica il nostro Monti ha visto i limiti dell’operazione, ha capito tutto, i controlli, le riserve, i debiti ed ha anche immaginato la protesta della sua famiglia, quella italiana, spendacciona, irresponsabile, già costretta dai sacrifici dell’obbligatorio risparmio, è molto stanca di differenze interne, intrafamiliari tra gli italiani troppo ricchi e quelli troppo poveri. No, la famiglia non avrebbe accettato un matrimonio così strano e molto costoso, dove per un sacco di anni e senza possibilità di divorzio, si dovrà tirare la cinghia in modo molto stretto. Per colpa nostra, per carità! Ma, non solo. Con l’euro c’è chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso e la Germania, più diligente e severa di noi, ci ha guadagnato e ci guadagna.
Certo i debiti vanno pagati altrimenti le conseguenze sono terribili e noi abbiamo già deciso di pagarli. Così hanno deliberato Governo e il Parlamento anche se pochi, in famiglia, se ne sono accorti. Ma dare al Paese un’immagine greca è troppo.
La Grecia, dove 2500 anni fa, prima dell’esistenza di Roma, nacque niente meno che la democrazia, ora assiste a un Parlamento eletto, ma totalmente dipendente da altri che potremmo chiamare stranieri ma anche solo creditori. I Greci guardano con tristezza il Partenone, simbolo della democrazia ateniese, che domina dall’alto l’attuale Parlamento greco, e lo sentono scricchiolare, tremare, venir meno dopo più di 2000 anni di resistenza a greci, cristiani, musulmani e, alle cannonate veneziane del 1687 che lo fecero quasi crollare. Già, cosa sta diventando la democrazia e non solo in Grecia? C’è chi teme e giustamente, che la potremmo ritrovare nelle voci della contabilità di Stati, quelli debitori cioè quasi tutti.
La democrazia è la voce legittima dei popoli contro il capitalismo di pochi, di persone addirittura, truccate con le vesti del mercato. Non dunque sotto il dominio di altri Stati ma sotto quello di una entità egoista e crudele, inumana nei suoi stessi comportamenti umani, che i popoli dovrebbero combattere proprio con i valori della democrazia che rischia di essere negata, ridotta a pura forma, alibi di un potere assoluto. Vogliamo pensare che il presidente Monti rifletta su tutto ciò e ne tragga sagge valutazioni. Ma che ci pensino anche gli italiani, valutino il peso ma anche il valore dei sacrifici richiesti e pensino che l’irresponsabilità dei governanti che ci ha indebitato fuori misura è anche nostra, delle nostre pretese, del fatto che gli abbiamo eletti noi stessi, pur se condizionati e convinti dagli eventi e dalle loro facili parole. Tocca sempre a noi il duro compito di esprimere o confermare persone capaci di salvare la barca che affonda e di cambiare la rotta, per mantenere occhi e speranze su quel Partenone, sulla cima dell’Acropoli, che rappresenta da tanti secoli quella democrazia, sempre difficile da praticare ma sempre migliore di qualsiasi dura o mite forma di dittatura.