Credibilità

Uno degli elementi fondamentali alla base della gestione del sistema democratico è la credibilità: del sistema, delle forze politiche, delle persone.
La credibilità è spesso collegata alla delusione, alle promesse non mantenute, alle illusioni proposte. Diventa giudizio di inaffidabilità, di incertezza sul futuro, di timore.
È un fatto psicologico che però pone le sue basi su eventi concreti, di cui talvolta le responsabilità sono più ampie e più collettive, legate ad altri eventi, ma di cui si imputa la colpa a chi viene ritenuto l’attore finale, soprattutto se la gestione della parte finale è lunga e non trasparente. È anche un problema di corretta informazione, che esige però anche la credibilità dell’informatore, del giornalista, della tv. Nell’attuale situazione, per una ragione o per l’altra, i credibili sono pochi, ma altrettanto poche le alternative.
Quando Berlusconi promette una politica, la gente, non lo trova oggi credibile, perché ricorda le promesse fatte e non mantenute, i patti firmati in tv, il milione di posti di lavoro, la fiducia accordatagli, gli anni di governo. E, ricorda anche il flop finale, e la crisi gravissima che stiamo vivendo, che, pur essendo di dimensioni e responsabilità più ampie, per quanto riguarda l’Italia, viene in larga parte, imputata ai suoi governi.
La scarsa credibilità della dirigenza politica, trova il suo collegamento, nell’area di sinistra, nella spinta alla “rottamazione”, nel rinnovamento di una linea politica meno legata ai passati individuali, dagli errori commessi, anche se, la maggiore organizzazione dimostrata dà però qualche suggestione positiva. Come può essere credibile il grillismo, con il suo vuoto programmatico, il suo atteggiamento di dileggio con tutti, le tentazioni antidemocratiche all’interno, la scelta delle persone con la logica della lotteria.
I sessantenni sono poco credibili per ragioni di usura: Fini e Casini già ministri e presidenti della Camera, Montezemolo Nobel dell’incertezza, Oscar Giannino elitario e saggio, ma poco popolare, medico serio ma severo, in un periodo negativo per la severità.
Monti è personalmente credibile, più sul piano internazionale che interno, e come spesso accade, da lui credibile, ci si attendeva molto di più. Va peraltro riconosciuto che a Berlusconi qualcuno perdona anni e anni di governo, a lui se ne imputa uno, il più drammatico e il più difficile da gestire, con una maggioranza di voti contrastanti, come le linee politiche espresse.
Ignoriamo le sottoliste, con membri del precedente governo, da Tremonti a La Russa che si battono per “nuove” politiche, quelle che non hanno saputo realizzare.
In questa crisi profonda la credibilità dei partiti è sempre intorno al 4%, che è il livello generale della fiducia dei cittadini.
Sembra che chiunque vinca non possa decidere le scelte del Paese, che si ponga in modo diverso, la soluzione greca con due elezioni successive.
Su casi come questi, avvenuti in altri tempi e in altri paesi, c’è in genere stato un riferimento credibile: di fronte alla crisi di Algeria e della 4° Repubblica francese, ci fu De Gaulle, in Spagna Francisco Franco che restaurò la monarchia, in Inghilterra, a fronte della gravissima crisi sociale, venne la Tacher.
In Italia pare che non abbiamo un leader di riserva, per sostituire la decadenza anche fisica di chi ci ha portato fin qui. Non abbiamo uomini che si siano al livello dell’emergenza e non osiamo pensare per questo agli Alfano, ai Maroni, ai Cesa, ai Bocchino e via dicendo. Questo è un pericolo per la democrazia, per l’economia, per le istituzioni.
Il nostro piccolo De Gaulle dovrebbe essere Monti?
Solo se avesse un largo consenso, una vera leadership, una storia politica idonea ad affrontare il momento che viviamo. Non vorremmo applicare, in realtà non lo merita, l’atteso motto latino “In terra caecorum, monoculus Rex” (In terra di ciechi, chi ha un occhio è Re), ma la tentazione è forte e induce alla tentazione.
Tra tanti, si cerca qualcuno in cui credere, che ci conceda un po’ di speranza, che ci convinca del valore della frase pronunciata da John Kennedy al suo insediamento: “Non chiedetevi cosa può fare il vostro Paese per voi. Chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro Paese”. John Kennedy era un uomo credibile, ma l’Italia non è un paese che si chiede cosa fare e come impegnarsi. Ha sempre cercato qualcuno cui scaricare la fatica. Ha trovato Giolitti, Mussolini, de Gasperi e pure Berlusconi, ma non abbiamo mai visto il paese, le sue componenti sociali, le sue personalità più vive e più ricche impegnarsi se non in precipitose fughe all’estero, almeno dei loro soldi. Ecco perché anche l’Italia nonostante le sue immense e spesso non meritate risorse non si rivela credibile. Purtroppo nemmeno per gli stessi italiani.

2 Responses to "Credibilità"

  • Gianni Porzi says:
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